Storia

San Gavino Monreale nel Novecento

nella prima metà del Novecento San Gavino Monreale fu soggetta a un'intensa industrializzazione al pari del resto del Campidano, mentre nel dopoguerra la chiusura degli impianti determinò un declino economico al quale si sta cercando di porre rimedio

Come per molte altre zone della Sardegna, anche per San Gavino Monreale la modernizzazione ha significato l’apertura a cavallo fra Ottocento e Novecento di numerose miniere. Il paese, posto in una zona strategia del Medio Campidano, vide accrescere la propria importanza grazie alla nuova linea ferroviaria che la collegava a Cagliari e alle miniere di Montevecchio, riducendo il costo di trasporto dei minerali. Il felice periodo economico si interruppe però bruscamente con il crollo di Wall Street del 1929.

A questo punto i vertici della miniera di Montevecchio si trovarono di fronte a una scelta: investire una grossa somma per realizzare una fonderia e incrementare la produzione oppure chiudere. Gli amministratori decisero di metter mano al portafoglio e, grazie anche alla fusione tra Monteponi e Montevecchio, la nuova fonderia per piombo e zinco poté essere inaugurata già nel 1932, favorendo sviluppo e benessere in tutto il Campidano.

Ma nel dopoguerra questa situazione era destinata a cambiare: la creazione dell’area industriale di Villacidro negli anni sessanta fu il canto del cigno di un settore che si avviava verso la crisi. La stessa fonderia è stata chiusa nel 2009 causando un vertiginoso aumento della disoccupazione. Oggi l’economia della zona si regge sulle piccole e medie imprese e sugli uffici pubblici. Il turismo, vera miniera della futura economia sarda, non è ancora adeguatamente sfruttato.

Vuoi lasciare un commento?

Compila i campi per lasciare un commento. Il commento verrà pubblicato dopo l’approvazione del moderatore.